La sua Storia della letteratura inglese – datata, certo, è ovvio, e per questo affascinante – spicca, in un tempo, questo, dettato dal buon senso e dal cattivo gusto, dei critici inascoltati perché inascoltabili, senza carisma, carrieristi cabarettisti, per i giudizi sommari, le brevi cattiverie, la bella scrittura. L’ampiezza di sguardo, micidiale, panottica, si fonde al pregio del particolare, alla preziosità improvvisa, al gioco di prestigio verbale, al pregiudizio, perfino, al talento di non capire (la cantonata che ha preso con Pound, il Joyce a suo dire inutile). Dicevano portasse iella; la iattura, piuttosto, è leggere, ogni giorno, il commento di letterati gazzettieri atti a nutrire il proprio ego, vegano, iniquo. “Intellettuale non comune, «Professor Saturno» – genio, spirito e demonio caustico e discepolo di Michel de Montaigne, Mario Praz era ovviamente l’esatto contrario dell’aura satanica di cui la maldicenza e l’invidia lo avevano circonfuso: semmai era dolce, gentile, affettuoso racconta chi lo conobbe. Forse molto solo e malinconico”, ha scritto di lui, di recente, Luigi Mascheroni, ribadendo che per lo più Praz è scomparso dal desco editoriale odierno. Fa eccezione Misteri d’Italia (Aragno, 2022),brevissima raccolta di articoli pubblicata su “il Borghese”, a cura di Giuseppe Balducci (autore, in appendice, di un ottimo Profilo di Mario Praz). Anche in questa sorta di oblò anti-oblio non è difficile ricavare alveari di sapienza anticonformista, come questo paragrafo:
“Sì, il paesaggio italiano è bello, visto con occhio di pittore, ma talmente sottomesso all’uomo, talmente umanizzato, da poterlo dire addirittura infestato da antropotossine: come una camera in cui han dormito degli uomini, impregnata del loro odore… Viaggiando per le belle campagne della Toscana e dell’Umbria, quante volte si vorrebbe premere quel bottone che eliminasse l’invadente presenza dell’uomo!”
Fu pubblicato nel 1851, in un’epoca di fervore della letteratura americana. In quegli stessi anni infatti videro la luce La lettera scarlatta di Hawthorne (1850), Walden di Thoreau (1854) e Foglie d’erba di Whitman (1855). E iniziava a coltivare la sua vocazione di poetessa Emily Dickinson, la grande solitaria. Quando Cesare Pavese tradusse per la prima volta in Italia il capolavoro di Melville mise subito in guardia i lettori sulla posta in palio:
“Si legga quest’opera tenendo a mente la Bibbia e si vedrà come quello che potrebbe anche parere un curioso romanzo d’avventure, un poco lungo a dire il vero e un poco oscuro, si svelerà invece per un vero e proprio poema sacro cui non sono mancati né il cielo né la terra a por mano. Dal primo estratto di citazione «E Dio creò grandi balene» fino all’epilogo, di Giobbe: «E io solo sono scampato a raccontarvela» è tutta un’atmosfera di solennità e severità da Vecchio Testamento, di orgogli umani che si rintuzzano dinnanzi a Dio, di terrori naturali che sono la diretta manifestazione di Lui”.
In una splendida biografia di Melville, Paolo Parisi Presicce ha compendiato i modelli d’ispirazione del romanzo: Il Libro di Giobbe fa da modello o stampo per la sfida interrogatoria al divino. Il Libro di Giona, attraverso il personaggio di Ishmael, per l’obbedienza cieca all’universo; il King Lear di Shakespeare per il crollo tragico e inevitabile dell’autorità; il Paradise Lost di Milton per l’ambizione incrollabile; il Doctor Faustus di Marlowe per la tentazione demoniaca; il Faust di Goethe per l’ossessione eroica, l’Anatomy of Melancholy di Burton, letto più volte, per una psicologia nostalgica e invalidante.
Frasi come «Mia signora, non posso essere al vostro servizio se tal dei tali resta in carica», «Rinuncio umilmente al mandato se Mr _ continua a essere segretario di Stato», «Non posso assicurarvi quella somma di denaro a meno che il mio L_ diventi presidente del consiglio», «Chiedo il permesso di rinunciare, a meno che _ abbia lo Stato maggiore. Non posso accettare i sigilli, a meno che _ venga spostato in un altro gabinetto». Negli ultimi anni questo è stato il linguaggio dei sudditi al loro sovrano. Hanno imposto delle condizioni per rovinare la nazione. E questo coscienzioso sistema di richieste si è diffuso talmente che chiunque, anche persone poco influenti, hanno cominciato ad avere grilli per la testa e a chiedere «che gli venisse affidato un reggimento», che «il figlio diventasse un maggiore» o che «il fratello venisse fatto esattore», altrimenti avrebbero votato «secondo coscienza».
Jonathan Swift, “The Examiner”, 7-14 dicembre 1710
[ Le Prosa – Revista de Escritura Literaria Nr 3 Director: Orlando Guillén – México, febbraio 1981 ]
I
Cae fiebre como nieve Nieve de ojos verdes
I
Cade febbre come neve Neve d´occhi verdi
II
Se ríen los trovadores en el patio de la taberna La mula de Guiraut de Bornelh El cantar oscuro y el cantar claro Cuentan que un catalán prodigioso… La luna… Los claros labios de una niña diciendo en latín que te ama Todo lejos y presente No nos publicarán libros ni incluirán muestras de nuestro arte en sus antologías (Plagiarán mis versos mientras yo trabajo solo en Europa) Sombra de viejas destrucciones. La risa de los juglares desaparecidos La luna en posición creciente Un giro de 75o en la virtud Que tus palabras te sean fieles
II
Ridono i trovatori nel cortile della taverna La mula de Guiraut de Bornelh Il cantar chiuso e il cantar chiaro Raccontano che un catalano prodigioso… La luna… Le chiare labbra di una bambina che dice in latino che ti ama Tutto lontano e presente Non ci pubblicheranno libri nè includeranno saggi della nostra arte nelle loro antologie (Plageranno i miei versi mentre solo io lavoro in Europa) Ombra d´antiche distruzioni. Le risa dei giullari scomparsi La luna in posizione crescente Un giro di 75º nella virtù Che le parole ti siano fedeli
III
Guiraut Sentado en el patio de la taberna Las piernas cruzadas Has salido para digerir contemplando el cielo Los tejados grises Las chimeneas humeantes de los primeros días invernales Las niñitas rubias morenas pelirrojas Jugando
III
Guiraut Seduto nel cortile della taverna Le gambe incrociate E´ uscito per digerire contemplando il cielo I tetti grigi I comignoli fumanti dei primi giorni invernali Le bambine bionde brune rosse Che giocano
IV
En primavera salían de los bosques y recibían a los hombres Tersites Inmaculado el mármol atraviesa descripciones lamentos estados totalitarios Algo tan lejano a la risa de los comerciantes (Salían de sus bosques para hacer el amor) Con campesinos que alababan grandemente sus cabalgaduras atadas a los árboles bajos o paciendo en los claros Una Grecia en blanco y negro Y anos dilatados estrechando vergas notables Tersites las amazonas un atardecer que persiste a las descripciones y los besos
IV
A primavera uscivano dai boschi e ricevevano gli uomini Tersite Immacolato il marmo incrocia descrizioni lamenti stati totalitari Qualcosa di così lontano dalle risa dei commercianti (Uscivano dai loro boschi per fare l´amore ) Con contadini che lodavano immensamente le loro cavalcature legate agli alberi bassi o pascolando nelle radure Una Grecia in bianco e nero E ani dilatati che stringono verghe notevoli Tersite le amazzoni una sera che resiste a descrizioni e baci
V
Tal vez no ame a nadie en particular dijo mientras miraba a través de los cristales (La poesía ya no me emociona) – ¿Qué? Su amiga levantó las cejas Mi poesía (Caca) Ese vacío que siento después de un orgasmo (Maldita sea, si sigo escribiendo llegaré a sentirlo de verdad) La verga parada mientras se desarrolla el Dolor (Ella se vistió aprisa. Medias de seda roja) Un aire jazzeado una manera de hablar (Improviso, luego existo, ¿cómo se llamaba ese tipo?) Descartes Caca (Qué nublado, dijo ella, mirando hacia arriba Si pudieras contemplar tu propia sonrisa Santos anónimos Nombres carentes de significado
V
Forse non amo nessuno in particolare disse mentre guardava attraverso i vetri (la poesia non mi emoziona più) – Cosa? La sua amica alzò le ciglia La mia poesia (Cacca) Quel vuoto che sento dopo un orgasmo (Sia maledetta, se continuo a scrivere finirò per sentirlo veramente) La verga eretta mentre cresce il Dolore ( Lei si vestì in fretta. Calze di seta rossa) Un´aria jazz un modo di parlare (Improvviso, dunque sono – come si chiamava quel tipo?) Discarti Cacca (Com’è nuvolo, lei disse, guardando in alto Se potesse contemplare il tuo stesso sorriso Santi anonimi Nomi privi di senso
VI
Nadie te manda cartas ahora Debajo del faro en el atardecer Los labios partidos por el viento Hacia el Este hacen la revolución Un gato duerme entre tus brazos A veces eres inmensamente feliz
VI
Non ti scrive più nessuno adesso Sotto il faro all´imbrunire Le labbra screpolate dal vento A Est fanno la rivoluzione Un gatto dorme tra le tue braccia A volte sei immensamente felice
VII
En la sala de lecturas del Infierno En el club de aficionados a la ciencia-ficción En los patios escarchados En los dormitorios de tránsito En los caminos de hielo Cuando ya todo parece más claro Y cada instante es mejor y menos importante Con un cigarrillo en la boca y con miedo A veces los ojos verdes Y 26 años Un servidor
VII
Nella sala di lettura dell’inferno Nel club degli amanti della fantascienza Nei cortili coperti di brina Nei dormitori di transito Nelle strade di ghiaccio Quando ormai tutto sembra più chiaro E ogni istante è migliore e meno importante Con una sigaretta in bocca e con la paura Talvolta gli occhi verdi E 26 anni Un servitore
Nei sentieri tortuosi che portano a vedere conseguenze ed effetti, cause e princìpi, un posto notevole spetta ai calculatores di Oxford. Questo cenacolo di pensatori, scrittori e logici visse al Merton College e pensò di desistere dalla moda aristotelica nella considerazione formale delle qualità; per loro luce, colore, densità, calore e (naturalmente) forza erano suscettibili di misurazione. Come tutti i Bahnbrechend, gli apritori di nuove vie, questi uomini dovettero presto scomparire nell’anonimato lasciando il posto, nei libri di fisica, a chi riuscì a dare consistenza sistematica alle loro scoperte. Un nome per gli altri: Galilei. Quello che i calculatores incominciarono a svolgere fu poi perfezionato dalla scuola inglese nel suo insieme e approdò senza eccessivi intoppi negli Stati Uniti, dove anche le materie “soft” si distinguono per essere oggetto di attento, meticolose e metodiche misurazioni. Uno statunitense insegnerà perciò allo scaltro europeo, e lo farà con maggior forza se l’europeo si affaccia sul Mediterraneo ed è scaltro e irriverente, che le qualità di bontà, affidabilità, precisione e via di questo passo, sono tutte da scaglionare lungo scale di valori (psicologia delle organizzazioni). Il piacere della storia consiste nell’enunciare i nomi antichi di questi rivoluzionari che spersi sull’isola staccata dall’Europa aprivano nuove strade: Thomas Bradwardine, John Dumbleton e Richard Swineshead, per nominare i più rilevanti. Nel loro Merton College studiava, contemporaneamente, il teologo John Wycliff, precursore di Huss e di Lutero e di ogni successiva riforma religiosa cristiana. Il dottor Wycliff era più che un semplice teologo: nel 1381, all’età avanzata (per allora) di cinquant’anni, sostenne la rivolta dei contadini che fu repressa senza pietà. Chiuse i suoi giorni in una parrocchia lontana dalla capitale, in un paese che neanche ora arriva a diecimila abitanti. E chi altro studiò nel college dei calculatores? Lo scopritore della circolazione sanguigna, Harvey. Qualche secolo dopo passò di lì lo scrittore di genere fantastico purtroppo oscurato dal contemporaneo Wilde, Beerbohm. Vi trascorse del tempo un Churchill che poi riscosse gloria in India a metà Ottocento, e vi si insediò il poeta statunitense Thomas Eliot. Uno storico, scrittore di notevole valore, studiò anche lui al Merton. Questa panoramica vorrebbe raggiungere un solo obiettivo: il sapere organico che nel college si raccoglieva ha dato i suoi frutti che ora pendono, assai maturi, nel continente nordamericano. E che vengono esportati sotto conserva in Europa. Uno scrittore dotato di forza sufficiente potrebbe tracciare un parallelo tra la quantificazione imposta a tutto nell’ambito delle materie soft (psicologia letteratura organizzazione) e gli antenati inglesi di questo stile di pensiero. Certamente ne potrebbe venire fuori un risultato esorbitante e provocatorio, forse anche soddisfacente. Del resto i quantificatori-calcolatores odierni si limitano a vivere trame altrui, le vite reincarnate dei loro predecessori logici medievali. Salgono sul teatro della vita e spesso manca un Arlecchino nelle loro rappresentazioni. Arriverà forse un momento in cui dalla regia sarà messo sotto i loro nasi Il borghese gentiluomo del teatrante francese il quale faceva dire a un suo personaggio, un parvenu, che si rendeva conto – ammesso finalmente tra qualche nobilastro consumato dall’ozio – di aver parlato in prosa durante tutta la sua vita. A detta dello stimato borghese, i nobili gli facevano sentire la poesia.
* * *
Uno scrittore italiano del secolo scorso ha notato come nei racconti di fantasia la trama razionale sia importante e necessaria, benché non evidente. È quello che serve al compositore per non deflettere dal suo argomento e arrivare a una conclusione. Questo è evidente nei racconti fantastici, soprattutto se sono a tema come questa trovata da vaudeville geometrico che il lettore ha appena terminato di leggere. Il punto allora è: siamo sicuri del tutto che tra la tensione precisa e l’immaginazione fervida non ci siano punti di contatto? Tra il pezzo scritto qui sopra e quello che potrebbe cominciare così: che nel tram il vecchio sovietico urlava come un forsennato ma non di rabbia né di dolore, solo per una partecipazione emotiva col suo corrispondente, forse una donna, che sentiva nelle sue cuffie e la chiamava strepitando come per cancellare la distanza tra i due producendo un fastidio indescrivibile in chi fosse, a sua volta, al telefono e dovesse chiudere perché non si sentiva niente, salvo restare in attesa di incrociare lo sguardo del sovietico, di questo uomo dell’Est che dopo due finte di chiudere la chiamata avrebbe terminato per davvero e allora si sarebbe notato in quel suo sguardo una tempesta di azzurro, come di occhi di lupo, il tutto sommerso di letteratura con quell’attesa di incrociare il suo sguardo (non da villano, in fondo dolce) che veniva ripagata e allora si inseriva bene in quello scompartimento del tram dove una ragazza alta e con gli occhiali tondi da intellettuale leggeva il suo libro di psicologia sull’umorismo. Tra questa densità comunicativa che suscita la memoria e la geometria delle parole precise un nesso deve pur esserci. Tutto viene unificato, come la matematica, come la mathesis universalis, e Borges scriveva racconti precisi senza perdere la razionalità perché aveva trasportato nei suoi territori letterari gli incubi di uno scrittore che prevedeva il futuro e si firmava K. E che scriveva “tutti gli uomini sono così perennemente vivi, non nel senso della vera immortalità, ma giù nelle profondità della loro vita momentanea”. E proseguiva, perché era una lettera privata, confidando di avere “tanta paura di loro. Vorrei leggergli negli occhi ogni desiderio”.