A differenza di te, sono sempre stato un maestro nel perdere tempo. E poiché la vita è fatta soprattuto di cose pratiche, che spesso sopravanzano e rendono obsolete le speculazioni intellettuali che m’hanno sempre guidato, ho perso la mia ideale tensione verso il Senso. L’ingenuità, che io considero una ricchezza, non m’ha salvato. Così, fallire un obiettivo agognato – perché ci si è lasciati portare dal flusso della necessità – può essere sentito come una colpa imperdonabile. Qui entra in gioco la differenza fra chi tende a perdonarsi tutto, riparandosi sotto la visione protettiva che si è creata, e chi invece s’impegna ad addebitarsi le scelte e le inerzie che l’hanno fermato, crogiolandosi nell’esercizio espiatorio della colpa, propria e altrui, in una visione protettiva speculare. Però, alla fine dei conti, può accadere che si apra una via di opportunità che porti a un ulteriore maturare e a traguardi gratificanti, perché il corso delle cose prosegue e va comunque a compimento. La forza resta nel fare progetti e guardare avanti, a prescindere dalle proprie performances del momento, perché il “tempo perso” potrebbe non esistere. L’esperienza insegna che c’è un tempo per ogni cosa: se una cosa anelata non riesce in un certo periodo, significa che non era il suo momento. Ora il momento sembra arrivato, in cui stanno emergendo e coagulando molti bisogni, e sta sfogando ciò che è maturato dentro negli anni.