Come dici, è il momento di dissotterrarla, quest’ascia di guerra. Le mie risorse vanno estratte e messe in campo, e fatte lavorare. Non contano più quel timore di sbagliare che mi trascino da decenni, quel senso d’inadeguatezza che è stato alimentato dagli ambienti: gli si deve togliere il cibo e prenderli per fame. Quando si assediava una città, la prima cosa era tagliare i rifornimenti d’acqua deviando i canali, poi appropriarsi del bestiame e impedire l’accesso agli orti. Dopo si creava un terrapieno per costruirvi macchine sopraelevate che lanciassero bombarde, e si scavavano mine sotto certi punti delle mura, per farle franare. Dunque, vedremo chi è più forte, stavolta. Avere te che m’incoraggi incondizionatamente è decisivo: sei arrivata come un vento leggero, poi hai soffiato più forte, pulendo, schiarendo e purificando. Ora si vede dove siamo, e dove ricominciare a costruire.