Se qualcuno mi dice che sono una persona particolarmente bella, fatico e prenderne atto, cioè a comprendere il concetto fino in fondo, pur nella sua simbolicità. È come una pratica che resta sempre sospesa e non si riesce a evadere, perché finisce in una specie di percorso burocratico tortuoso, poco decifrabile, con cui non mi sono mai confrontato seriamente, con determinazione. Non sono ancora andato a battere i pugni sul tavolo in quegli uffici, per farla tirare fuori. Come se il blocco che mi tiene inchiodato alla mia condizione fosse troppo consolidato per poterlo scalfire. Ma ora ho attrezzi speciali per sgretolarlo, come una nuova consapevolezza e la capacità di accettarmi per come sono, per poter vedere definitivamente cosa c’è in me.