Quando il flusso di scrittura fa “pulizia” nella mente, allora si ha il flusso di coscienza. Viene in mente il free writing, o scrittura libera: secondo la definizione di Wikipedia, il presupposto è che ognuno ha qualcosa da dire e la capacità di dirlo, ma spesso questa sorgente di significati ed espressività viene bloccata da fattori come l’apatia (frequente), l’autocritica (bloccante, se non castrante), il risentimento o il malessere, l’ansia che viene come se si avessero scadenze da rispettare, ovvero ansia di realizzazione, e il timore di non farcela o di essere giudicato, oppure qualsiasi altra forma di resistenza. La scrittura libera può essere assimilata a un rubinetto che lascia scorrere l’acqua, mentre altra cosa è la pratica di scrittura, teorizzata da Natalie Goldberg nei suoi libri, in cui si combina la scrittura libera con i principi della meditazione zen. La cosa importante è “muovere la mano”, tracciare i segni sul foglio senza fermarsi, lasciando che il flusso proveniente dalla mente non sia disturbato o condizionato dal ragionamento o dalla riflessione – che in un soggetto come me tendono a prendere il sopravvento. Quello che esce, esce così com’è, non alterato dalla mente razionale che tocca e lima, e rivede. L’occhiata rimane vergine, insomma, restituendo un flusso di pensiero libero.